Talvolta, la storia e il destino di uomini e luoghi intessono trame imperscrutabili il cui senso è dato comprendersi soltanto poi, a fatti compiuti.
Allora, può accadere che un uomo ed una donna, il cui incontro avvenne in tutt’altri orizzonti, sentano entrambi un richiamo arcaico, come di un sottile malessere, che li spinge a cercare oltre le loro vite gratificanti. Così è stato.
In lui scorre sangue leuciano, l’amore per le sete e le vigne. Nella mente di lei aleggiano i profumi di vendemmie antiche, ascoltate nei racconti dei suoi vecchi e vissute nei suoi ricordi di bambina. Per qualche anno i due seguono strade di colline casertane ed ascoltano i racconti degli uomini di quei posti, sono costoro ad indicare il luogo giusto.
Quel sito è impraticabile, stretto com’è tra i boschi, coperto da arbusti e ceppaie, ma è esposto perfettamente ed è percorso dal vento che dal mare raggiunge Monte Alifano, risalendo a ritroso la valle del Volturno.
Gli uomini dicono che la terra è buona ed il pendio è dolce. I due sanno di dover far proprio quel luogo. Ancora, accade che un agronomo, ormai noto, visiti il sito e pensi al Pallagrello (l’uva borbonica ad acini come “sfere di sole”), ne studi la morfologia del terreno e decida che su quello spicchio di collina le viti debbano essere disposte a ventaglio (il richiamo alla storica vigna leuciana è, nuovamente, una coincidenza).
Infine, accade che la vecchia casa di famiglia, dove i due vent’anni prima decisero di abitare, riveli un’antica grotta tufacea ostruita da calcinacci (era pratica comune, infatti, nel nostro recente passato murare cantine e cisterne). In quella grotta, l’umido è ideale per serrare le doghe di botti di rovere e lasciare che il legno coccoli, elevandolo, il vino. Lì, a venti metri sotto il suolo, vi è un fresco costante che non risente delle variazioni esterne di calore.
Ora Rosanna e Almerigo attendono che il tempo si compia e regali loro il Vino dei loro sogni.